martedì 26 novembre 2013

Cambiamenti climatici e tecnica apistica: come organizzare l’invernamento. (parte terza)

In un passato remoto ho adottato, come scelta irrinunciabile per un buon invernamento, la sistemazione degli alveari su otto favi compresi tra due diaframmi mobili. Questa soluzione tecnica è stata dettata dalla necessità di mantenere il più asciutto possibile il nido e quindi di conseguenza il glomere durante il periodo di clausura forzata in inverno. Infatti, come si sa, l’umidità va a condensare sulle superfici più fredde, ma di quale umidità stiamo palando?

Di quella che deriva dalla respirazione delle api.
Con il tempo l’esperienza, che deriva dalla continua osservazione degli eventi, induce a mettere in atto delle modifiche pratiche, senza per questo abbandonare il principio che ha mostrato, in decenni di applicazione, tutta la sua validità.
Così, ormai sono dieci anni che, passando dallo spazio Dadant allo Spazio Mussi®, mantenendo immutata la tecnica, è stato gioco forza passare da otto a sette favi e questo senza perdere di efficienza.

πάντα ρέει σαν ποτάμι (1)
(tutto scorre come un fiume)

Ebbene, dopo qualche tempo anche questa soluzione è stata modificata.
Infatti, l’osservazione del comportamento di centinaia di alveari, postati in località diverse per altitudine ed esposizione e non tutti di composizione standard (sette favi), ha portato ad adottare un ulteriore restringimento del nido a sei favi e in qualche caso  a cinque.
Questi alveari sono quelli che meglio hanno superato l’inverno che ormai arriva tardivamente.
Riepilogando i fattori importanti, interni all’alveare, che condizionano il risultato dell’invernamento: scorte, umidità, spazio proporzionato al glomere, troviamo la giustificazione biologica e tecnica alla soluzione.
Scorte. Uno dei fatti conseguenti all’adozione dello Spazio Mussi® è la presenza di una maggiore quantità di scorte nei favi del nido.
Umidità. I due diaframmi continuano a svolgere egregiamente il loro compito risucchiando l’umidità nelle due aree più fredde vicino ale parerti e lontano dal glomere.
Spazio. In inverno, una popolazione abbondante, rispetto allo spazio disponibile, è una situazione vantaggiosa, aiuta a mantenere la temperatura del glomere e questo non perde il contatto con le scorte.

La somministrazione a ritmo serrato di alimento liquido, oltre ad incrementare la covata, può avere anche un altro effetto secondario, l’intasamento dei favi di covata.



Un fenomeno che l’apicoltore normalmente cerca giustamente di evitare  perché, in previsione del raccolto,  la covata è più importante delle scorte.
Ma qui stiamo agendo con un diverso obiettivo, superare l’inverno.
Naturalmente la sorveglianza durante tutta l’operazione evita eccessi in un senso e nell’altro, anche se i favi di scorte e quelli di covata possono avere in questo preciso periodo la loro utilità all’interno dell’apiario.
L’invernamento a sei favi in arnie standard o a cinque favi in portasciami, entrambi a Spazio Mussi®, ha dato degli ottimi risultati.
Quali risultati?
Il superamento dell’inverno senza problemi, è ovvio!
Però.
La ripresa primaverile, negli ultimi anni sempre più tardiva, in termini apistici significa ripresa della deposizione. Ci sono dei segnali, in natura, che noi umani non avvertiamo più coscientemente perché ci siamo sempre più affidati alla tecnologia, tutti gli altri esseri viventi invece, non solo li percepiscono ma anche ci fanno affidamento per le decisioni che riguardano il loro ciclo vitale.
Così, a titolo di esempio, nell’Italia del Nord, l’ape ligustica inizia a deporre già in gennaio, anche se la temperatura massima esterna si mantiene attorno allo zero; la prima fioritura utile sarà, nei primi di febbraio, quella del nocciolo che fornisce agli alveari dell’ottimo polline. Intanto gli alveari utilizzano le scorte, tanto hanno già capito che la primavera è alle porte. Nel nord Italia, almeno quando c’ero anch’io, gli alveari potevano morire per fame in marzo.
Le scorte fornite nel tardo autunno, sono un’essenziale riserva per la ripresa primaverile; dobbiamo sempre prepararci al peggio.
Da questo punto di vista l’anno corrente (2013) ce ne da un esempio.
Dalle mie parti, provincia di Trapani, fino a dicembre (2012) andavamo in maniche di camicia, bello!
Ma non per gli alveari.
In previsione delle future difficoltà, tutti gli alveari, in novembre, sono stati alimentati come descritto, con una integrazione in dicembre, e nonostante che nei mesi di gennaio e febbraio, a causa della bassa temperatura, le api non abbiano avuto possibilità di volo, non si sono registrate perdite; inoltre, alla ripresa del bel tempo, in marzo, gli alveari, utilizzando le scorte, hanno avuto la possibilità di realizzare forti popolazioni senza ulteriori stimoli e di conseguenza una grossa produzione alla prima fioritura utile, quella della sulla, in aprile. Tutte le attenzioni, le fatiche e le spese sono state ampiamente ricompensate.
FINE

Parte prima                             parte seconda 

(1)
Una delle cose principali per le quali Eraclito viene ricordato è il Panta rei, la teoria del Tutto scorre. In realtà l'espressione greca è stata creata da un suo discepolo, ma viene a lui attribuita in quanto sintetizza una parte del suo pensiero. C'è un frammento in particolare del filosofo che dice: "Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo". Quando noi facciamo il bagno in un fiume, il nostro organismo, la nostra psiche e le condizioni dell'ambiente che ci circondano, che sono tali in quel preciso e determinato momento, non potranno mai ripetersi allo stesso modo, in quanto la materia subisce una trasformazione continua, un'evoluzione inarrestabile. È questo il senso della materia e del cosmo: il continuo movimento dato da un cambiamento costante e perenne, il quale può tendere a un miglioramento o a un peggioramento, ma non sarà mai uguale nello stesso stato. Anche l'uomo è in continuo divenire, in quanto ogni singola esperienza, ogni pensiero che viene prodotto dalla sua mente, produce in lui un cambiamento, definibile come una crescita o un divenire. La stessa esperienza non può essere ripetuta per due volte alla stessa maniera e con le stesse condizioni dal momento che ogni ente, nella sua realtà apparente, non può esimersi dalla legge inesorabile del tempo, che produce un cambiamento. Il divenire è per Eraclito l'arché, ciò che governa il mondo. L'unica cosa che non muta, al mutare di tutte le cose, è il mutamento stesso. Senza il mutamento niente potrebbe esistere, perché il divenire è l'essenza del cosmo. Al giorno d'oggi la filosofia del Panta rei viene applicata, nella vita di tutti i giorni, interpretandola come tutto passa, tutto scorre e niente sarà uguale a prima, inteso come il modo in cui le situazioni, i problemi e gli ostacoli possono essere superati e la sofferenza non può durare a lungo in quanto è uno stato d'animo soggetto anch'esso a trasformarsi e divenire qualcos'altro.

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