sabato 9 novembre 2013

Cambiamenti climatici e tecnica apistica: come organizzare l’invernamento. (parte seconda)

Posto che l’obiettivo dell’apicoltore è di fornire delle scorte agli alveari che provengono da un lungo periodo di carenza di raccolto, in previsione dell’arrivo dell’inverno, occorre mettere in campo una strategia che permetta di agire con efficacia e rapidità.
Una vecchia regola pratica, ben conosciuta dagli apicoltori delle precedenti generazioni, afferma che
“ in un apiario, in cui l’apicoltore non ha eseguito operazioni di pareggiamento, gli alveari si distribuiscono naturalmente nella seguente proporzione, 1/3  di alveari forti, 1/3 nella media, 1/3 di alveari deboli”.
Da qui la necessità di operare periodicamente con il pareggiamento, una pratica ritenuta da tutti “normale”, che può riguardare tanto le scorte quanto la covata.
Data per scontata questa distribuzione naturale e senza volere, in questa sede, indagare sulle cause della stessa, ne prendiamo atto e progettiamo un intervento di riequilibrio fornendo, volta per volta, quello che necessita agli alveari più bisognosi.
Il concetto d’applicare, come tutte le cose vere e che funzionano, è semplice:
facciamo fare il lavoro pesante a chi ne è più capace.
Questo, tradotto in termini operativi apistici, significa che, individuati gli alveari più forti ovvero più popolati, li carichiamo del lavoro che verrà utile agli alveari più bisognosi dell’apiario.
Operativamente, come primo passo, sottraiamo agli alveari più forniti i favi di scorte in eccesso rispetto a



quelli di covata, e li distribuiamo in apiario secondo necessità, recuperando contemporaneamente i favi vuoti.
Sostituiamo, negli alveari popolosi, i favi sottratti con un alimentatore a tasca di grande capacità e con uno o due favi costruiti vuoti, provenienti dagli alveari deboli; riempiamo l’alimentatore con sciroppo di glucosio e fruttosio, miscela già pronta in commercio per l’alimentazione delle api.
Trascorse 24/36 ore ritorniamo in apiario per un controllo e una seconda somministrazione di sciroppo.
Cosa troveremo?
Normalmente il contenuto della prima somministrazione le api lo utilizzano per ricostituire o completare le sorte necessarie ai favi di covata riempiendo anche il più piccolo spazio,


procediamo quindi con una seconda somministrazione.

Alla visita successiva dopo altre 24/36 ore, possiamo sottrarre i favi che le api hanno riempito di scorte, da destinare agli alveari più sprovvisti, sostituendoli ancora con altri favi vuoti e somministrando una terza dose di alimentazione.
Possiamo continuare con questo giochino fino a quando abbiamo completato le scorte di tutti gli alveari dell’apiario.
Dopo la terza somministrazione e dopo ogni altra successiva, occorre fare attenzione che non vi sia intasamento del nido.
Di norma però gli alveari deboli, per potere affrontare l’inverno in sicurezza,  non necessitano soltanto di scorte ma anche di api; da dove prendiamo queste api?
L’alimentazione, in qualunque modo somministrata, non agisce in una sola direzione sull’equilibrio interno dell’alveare; possiamo benissimo parlare di effetto secondario rispetto all’obbiettivo principale.
Nel caso di somministrazione di un’alimentazione liquida a volontà, che simula un raccolto di campo, viene anche stimolata la deposizione per cui, dopo un certo tempo, si rende disponibile della covata opercolata che può essere utilizzata per rifornire api nascenti agli alveari che ne hanno bisogno.
L’operazione è apparentemente terminata ma, fino a che punto ci dobbiamo spingere?
Ovvero, quale deve essere la composizione di un alveare per potere affrontare con tranquillità i rigori invernali?
Questo sarà l’argomento di un prossimo post.
(fine seconda parte)                                                                           

 (ritorna alla prima parte)                (vai alla terza parte)




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