Non posso non ricordarmi di quando, tanti anni or sono, come
apicoltore ero più giovane di adeso, ero entusiasta ma non più di adesso, ero
curioso ma non più di adesso, ero tenace ma non più di adesso, ero agli inizi e
non più adesso.
Quando ci arrivò tra capo e collo l’acaro varroa, alcuni ma
sicuramente non pochi, mettemmo in campo le nostre qualità, abilità e capacità
per trovare delle soluzioni di tecnica apistica che ci aiutassero a contrastare
il nuovo parassita.
Uno di questi accorgimenti è il fondo di rete delle arnie,
meglio noto con il nome di fondo antivarroa. Non so esattamente in quanti
arrivammo a concepire contemporaneamente questa idea verso la fine del 1980, ma
certamente tra questi ci sono io, Graziano Corbellari, e altri, di cui non so
il nome e mi piacerebbe saperlo, del Consorzio di Udine che fu la prima
organizzazione ad adottarlo e proporlo su larga scala.
L’efficacia dell’azione del fondo antivarroa fu talmente
apprezzata e riconosciuta, lo è ancora adesso, che divenne accessorio
obbligatorio negli acquisti sovvenzionati di arnie.
Niente e nessuno può sfuggire alle leggi fondamentali della natura
così, come dicono ancora oggi i nostri cugini Greci
“Pánta rhêi, hōs potamós - tutto
scorre, come un fiume ”,
non c’è niente di immutabile, in questo mondo; ne parlava il
filosofo greco Eraclito attorno al 500 Avanti Cristo.
Anche il fondo antivarroa ha fatto il suo tempo, per un motivo
molto semplice, NON SERVE PIU’!
Non è un segreto che dal 2004 tutti i miei alveari sono condotti a
SpazioMussi ma, adesso, c’è una novità, gli alveari sono stati ulteriormente
modificati.
Per esigenze di carattere
produttivo, i fondi di rete sono stati completamente chiusi, siamo tornati al
fondo chiuso di antica memoria e questo non ha provocato un incremento di
varroa e tanto meno una sofferenza alle api, lo dimostrano, come se ce ne fosse
bisogno, il benessere degli alveari e le produzioni.
La variabile SpazioMussi HA RESO INUTILE la variabile Fondo Antivarroa.
Allora ricominciamo da capo?
In gergo calcistico, Zero a Zero e palla al centro?
Credo proprio di no!
Semmai due a zero per lo SpazioMussi e pendete pure la palla.
Come la mettiamo con le fesserie che si leggono in giro sul
comportamento della varroa che, a causa della maggiore distanza tra i favi a SpazioMussi,
perde la presa o l’ equilibrio o sbaglia il salto tra un’ape e l’altra, fino a
quando non impara, ed altre amenità vomitevoli di questo tipo?
Ci sarebbe da farsi delle grasse risate se non fosse che questi
soggetti si danno una patente di esperti apicoltori e, non sapendo fare o
proporre soluzioni valide al problema varroa, non perdono occasione per parlare male di quello che
non hanno sperimentato o saputo sperimentare.
Una vera vergogna!
L’esperienza del fondo chiuso, accoppiato allo SpazioMussi e per
di più in alveari con l’ingresso (porticina) posto in alto, con il risultato
del medesimo controllo completo della varroa, è sicuramente un importante punto
di riflessione.
Ma che fine hanno fatto le varroe
strabiche, poco atletiche ma molto furbe?
E‘ credibile che tutte le varroe più fesse, che si fanno catturare
dalle api, e tutte le api più furbe si sono concentrate a Massa (Toscana) con
un ramo di famiglia a Trapani (Sicilia)?
Da noi c’è un detto
<< Cu è chiù fissa, Cannalivari o cu cci
va appressu?>> (chi è più stupido
Carnevale o chi gli sta dietro?)
Risponda chi può.
Vi presento una " VARROA FESSA " |
Buongiorno, sono un apicoltore che vive ed opera sulle Alpi con condizioni climatiche molto diverse da quelle in cui lei lavora. Sono incuriosito e affascinato dal modo in cui gestisce il problema varroa e vorrei chiederLe se ritiene possibile, in un territorio montano e con un'ape(la carnica)così diversa dalla vostra, ottenere i medesimi risultati positivi nel controllo della varroa. Penso che potrei provare in un apiario già da questa stagione e per questo mi piacerebbe avere qualche informazione in più sul posizionamento della porticina in alto.
RispondiEliminaLa ringrazio
Marco Moretti
Il controllo della varroa con il metodo SpazioMussi, secondo me prescinde dal clima. Da moltissimi anni è stato provato che le api sanno in grado resistere a temperature di molto inferiori allo zero semplicemente formando il glomere, purché non perdano il contatto con le scorte.
EliminaIl maggiore spazio tra i favi favorisce la formazione del glomere ed anche, con lo SpazioMussi, gli alveari invernano con una maggiore quantità di scorte.
Un mio amico apicoltore che opera dalle parti di Brema, Germania del Nord, provando lo SpazioMussi ha avuto ottimi risultati; in Germania non hanno la Ligustica!
Credo che facendo attenzione all'epoca del travaso, seguendo alcune regole semplici e seguendo con attenzione gli alveari nei primi mesi dopo il travaso, anche sulle alpi e con la carnica si possono avere dei risultati positivi.
Se vuoi provare, ti posso assistere passo passo.
Per quanto riguarda la porticina in alto, non è consigliabile nei luoghi in cui d'inverno nevica.
Le api vengono ingannate dal riverbero della luce sulla neve ed escono rimanendo uccise dal freddo.
Saluti
V. Stampa
Ho letto gli altri post su questo blog e penso che partirò senza distanziatori regolandomi con la leva per distanziare gli otto favi più il diaframma laterale. Crede sia meglio utilizzare arnie con o senza fondo antivarroa ? Dalle mie parti siamo ancora in assenza di covata e per avere due o tre roselline bisogna attendere i primi di marzo; la prima importazione interessante è sul ciliegio nella prima decade di aprile e contemporaneamente inizia la costruzione della cera. Ho le famiglie su sette favi durante l'inverno, devo togliere al momento del travaso qualche favo oppure mi limito ad allargarli ?
RispondiEliminaGrazie per la sua cordialità e cortesia
Saluti
Marco
Il sistema della leva, senza distanziatori, può andare bene se non si fa il nomadismo.
RispondiEliminaIn apicoltura non si può andare a calendario, ogni valle d'Italia ha il suo calendario apistico; bisogna fare attenzione ai segnali che la natura, in questo caso le api, ci da; il travaso va fatto quando inizia la produzione della cera. Nel passaggio allo Spazio Mussi, a prescindere dai distanziatori, occorre ridurre di un terzo il numero dei favi coperti dalle api; questo serve per recuperare le api necessarie a mantenere pieni gli spazi interfavo.
Quando dobbiamo ridare i favi per allargare il nido?
In questo ci aiuta il diaframma: quando la facciata interna del diaframma è quasi completamente coperta di api, è il momento di dare spazio.
Per quanto riguarda il fondo, recenti esperienze ci dimostrano che anche con il fondo chiuso lo Spazio Mussi da gli stessi risultati.
Saluti
V. Stampa