mercoledì 3 ottobre 2012

Apicoltura e clima: un tentativo di capirci qualcosa


Da molti anni, nella mia zona, in provincia di Trapani, le difficoltà maggiori nella gestione degli apiari non vengono dalle malattie o dai parassiti o dagli avvelenamenti; il maggior danno viene dal clima e la tendenza è verso il peggioramento.
Ora non pretendo che queste osservazioni e considerazioni possano avere valenza universale, la penisola
italica si sviluppa da nord a sud per 1400 chilometri dal 37° al 47° parallelo circa. Inoltre la catena montuosa che la divide in due parti nel senso della lunghezza, produce ulteriori diversità climatiche  in corrispondenza di ogni parallelo.  Ciascuno si regoli mediando con la propria esperienza.
Da almeno una decina di anni si verifica un progressivo sfasamento tra la stagione astronomica e quella climatica; le piante si “accorgono” della stagione astronomica e fioriscono per l’azione dell’intensità e durata della radiazione luminosa, responsabile dell’attivazione dell’ormone florigeno. Mentre la stagione astronomica è costante nel suo ciclo periodico, la stagione climatica è diventata tipicamente incostante e non più relazionabile con quella astronomica. Si verifica sempre più di frequente che mentre le fioriture si presentano, con piccole variazioni da ritenersi nella norma, nel periodo canonico, il clima, in particolare la temperatura, rallenta o impedisce la secrezione nettarifera arrivando perfino in certi periodi ad impedire il volo delle api.

infiorescenza di nespolo
Contrariamente a quanto si può pensare, la stagione apistica non inizia con le prime fioriture primaverili o pre-primaverili, penso alla fioritura del nocciolo in febbraio al centro-nord e del mandorlo al sud, ma tipicamente inizia in autunno con l’invernamento. Da queste parti l’invernamento, come lo si intende comunemente, ha un significato diverso; è una pratica da attuare in estate. Dopo la fioritura del timo, venuta a mancare quella dell’eucalipto, inizia un periodo molto difficile di carestia che può durare da tre a quattro mesi e che, unitamente alla siccità e all’elevata temperatura, può mettere in crisi gli alveari che non hanno scorte e  popolazione abbondanti. Dopo le prime piogge autunnali, l’inula viscosa ci regala un flash di fioritura, un anticipo su quello che potrebbe succedere nei mesi successivi sempre che ci siano piogge a sufficienza.

sinacciola=diplotaxis erucoides 
Giusto un anno fa, autunno 2011, invece non è successo niente, il “bel tempo” e la mancanza di pioggia ci ha accompagnato fino a Natale e gli alveari hanno consumato gran parte delle scorte; improvvisamente in gennaio, mentre iniziava la fioritura del mandorlo, come di regola,  il clima cambia e inizia un periodo di due mesi di freddo intenso tale da non permettere alle api qualsiasi volo, un vero inverno!
Anzi, un vero disastro!
acetosella
Ci ritroviamo in marzo con alveari molto debilitati che fanno fatica a riprendersi e consumano tutto il raccolto per accrescere la popolazione ma, arrivano ancora poco popolosi alla fioritura della sulla e dell’arancio, tipicamente coincidenti, pregiudicando quello che avrebbe potuto essere il primo raccolto dell’anno.

borragine
Da qualche anno i venti dominanti sono sempre stati dai quadranti nord, questo ha creato dei problemi con le fioriture estive del cardo e del timo, che hanno bisogno di temperature elevate per la secrezione nettarifera.

cardo 
Siamo in ottobre, ancora non ci sono state piogge a sufficienza, la temperatura si mantiene alta, ci sono tutte le premesse per un altro anno disastroso; ad ogni buon conto stiamo alimentando per ricostituire scorte abbondanti, dove necessario, e stimolare la deposizione.
Speriamo bene!


1 commento:

  1. Sono sugli Iblei e la situazione, anche qui, è proprio come l'hai descritta tu. Ma forse qui riusciranno a fare qualche scorta interessante sul carrubo ... forse ... già la fioritura è in ritardo per via della siccità! E come se non bastasse la siccità, i gruccioni hanno spopolato le arnie dalle bottinatrici!
    Speriamo bene va...
    Raffaele

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