domenica 29 maggio 2011

Apicoltura in natura : il predominio degli ecotipi locali

Dopo :
- tanti anni di attività pratica in apicoltura, 
- avere letto molti lavori sulla selezione ed ascoltato altrettanti pareri
- avere praticato  la selezione anche con l’inseminazione strumentale
- avere osservato quello che accade in natura, 
sono, arrivato alla conclusione che, almeno negli ultimi trentasei anni cioè da quando mi interesso di apicoltura, ne abbiamo sentite, viste e fatte tante di stupidaggini!





La sperimentazione è bella, entusiasmante, in special modo se utilizza tecniche sempre più raffinate ma, sono del parere che, la sperimentazione ovvero la ricerca deve servire principalmente per comprendere i meccanismi e le regole della natura. Capisco anche che i risultati portano entusiasmo, e anche l’entusiasmo è una cosa bella, ma, alle volte, anche senza volere, può portare in una direzione non programmata, magari lontano dalla realtà naturale.
Stando in prima linea si possono vedere tante cose che probabilmente non sono altrettanto visibili dall’interno di un laboratorio e viceversa. Ma non è detto che sia sempre così!
Per diversi anni ho avuto sotto il naso la soluzione contro la varroa, oggi nota come SpazioMussi, eppure non ho capito, perché non ho dato il giusto risalto a quello che vedevo, concentrato com’ero sui metodi chimico-fisici, asportazione della covata maschile, trattamento con ossalico e restringimento dello spazio interfavo per aumentare la temperatura media che ostacola la riproduzione della varroa. I risultati sono stati accettabili ma non risolutivi, contrariamente a quello che poi si è verificato con lo SpazioMussi, un metodo del tutto naturale e risolutivo del problema varroa.
Così nella selezione, il volere perseguire ad ogni costo l’obbiettivo dell’ape migliore, costruita attorno a parametri di idealità, ha portato in una direzione innaturale, riducendo la ricchezza del patrimonio genetico verso un eccessivo ingentilimento della razza con la riduzione della capacità di contrastare i parassiti, le malattie  ed in generale tutte le avversità, comprese quelle climatiche.
In natura esiste un grande serbatoio da cui attingere risorse e soluzioni per assicurare la sopravvivenza e la diffusione delle specie, questo serbatoio si chiama rusticità o biodiversità.
Da alcuni anni ho in gestione, per conto del suo prprietario, un apiario di circa trenta alveari a conduzione stanziale, questo apiario ha una storia che può considerarsi esemplare.
Quando lo presi in consegna, tre anni or sono, era costituito da alveari di api ligustiche provenienti, già due anni prima, dalla Sicilia orientale però da ceppi dell’Italia centrale. Nei cinque anni successivi al loro arrivo sul luogo c’è stato un rinnovo spontaneo di regine con e senza sciamatura ed un parziale rinnovo con la formazione di sciami artificiali. La cosa importante è che tutte le nuove regine si sono fecondate in loco.
Il risultato è che, nei tre anni in cui le sto osservando, i caratteri di ape ligustica sono quasi del tutto scomparsi, a favore dei caratteri di ape sicula e inoltre, l’osservazione dei fuchi, che come si sa sono geneticamente fratelli delle regine che li hanno generati, ci dice che siamo molto vicini alla totale sostituzione. Il fenomeno si spiega con la pressione genetica dei ceppi spontanei ed allevati dell’ecotipo locale, ape sicula, azione svolta per mezzo della popolazione di fuchi di ape sicula numericamente preponderanti, nell’areale di azione degli alveari dell’apiario stanziale in questione.
Da qui ne derivano due considerazioni: 
1° non è affatto difficile mantenere la bio-diversità in apicoltura, è sufficiente che ciascuno di noi, apicoltori, non si faccia prendere dalla mania dell’ape super, inseguendo chimere inesistenti e segua con attenzione il suo o i suoi apiari; 
2° non è affatto vero che l’ecotipo locale non è governabile o non è produttivo anzi è vero il contrario, l’ecotipo locale è il frutto di pressioni ambientali che hanno agito per millenni sincronizzando l’ape all’ambiente in cui vive e i miei apiari, sparsi in diversi luoghi della provincia di Trapani, ne danno ampia testimonianza.

Un'angolo dell'apiario di cui si parla nell'articolo 

E’ mia opinione che i maggiori guasti in apicoltura sono derivati, oltre che dall’eccessivo ingentilimento della razza, conseguente da un errato concetto di selezione, anche dall’ibridismo incontrollato generato dall’innaturale commistione di ecotipi e razze provenienti da ogni dove; un modo scriteriato e molto dannoso di fare apicoltura.
Gli apicoltori, giustamente, si preoccupano della produttività degli alveari ma, la produttività non è un fatto magico o miracolistico, è la somma di un insieme di fattori che concorrono al risultato finale e che sinteticamente possiamo definire come “compatibilità tra ape, ambiente e apicoltore”.
Ciascuno di noi nel territorio della sua regione, provincia o comune ha un tesoro, l’ape locale, da riscoprire e valorizzare, non occorre essere scienziati, basta essere apicoltori attenti e perseveranti. Miglioriamo quello che abbiamo, non è difficile!

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