sabato 29 gennaio 2011

Apicoltura depressa : il successo riproduttivo della varroa

Ho l'impressione che, per i più, usare il cervello, oltre che per le funzioni vitali fondamentali, anche per pensare e ragionare sia un'azione altamente improponibile.  Sono fermamente convinto che il successo riproduttivo della varroa ha tre potentissimi alleati, l'insipienza degli apicoltori, l'ignoranza dei ricercatori, l'interesse di tanti che con la varroa hanno svolto lucrose attività commerciali.



Il controllo della varroa richiede delle conoscenze di base che si possono, brevemente, riassumere in :
- conoscenza del ciclo vitale comparato della vaoora e delle api
- attuazione di metodiche diagnostiche precoci
- corretta applicazione intesa come, tempi metodi e dosaggi dei più diffusi antivarroa in commercio
- applicazione, anche in modo discontinuo, di metodi di controllo fisici come il blocco di covata, l'asportazione della covata maschile, ecc.
e per ultimo
- applicazione dello spazio mussi 
Com'è che, di fronte ad un armamentario del genere, la varroa continua a farla da padrone, se le cronache sono vere, in gran parte degli allevamenti italiani? 
L'uso scorretto e per di più in sequenza nello stesso apiario, di acaricidi di diversa natura, ha portato all'insorgere di resistenze incrociate ai più diffusi principi attivi e all'inutilità degli stessi.
L'esperienza maturata sulla lotta alla varroa, dal 1979 ad oggi (gennaio 2011), mi porta ad affermare che nessun apicoltore sarà mai in grado di controllare il parassita se agisce isolatamente e questo è più che mai vero al crescere della densità di alveari nel territorio; uno dei segreti di pulcinella è " agire in modo coordinato all'interno di un piano di lotta territoriale".
La messa a punto di un farmaco sia esso veterinario o per uso umano segue dei protocolli che anno oltre lo scopo di individuare l'attività del principio attivo nei confronti del patogeno anche il suo meccanismo fisiologico di azione. Conoscere il meccanismo di azione è di fondamentale importanza per stabilire le metodiche di somministrazione, il dosaggio, i tempi di somministrazione.
Nella lotta alla varroa, gli apicoltori in generale, confidando in un eccesso di autostima, si sono cimentati nell'applicazione di soluzioni economiche, non sempre di reale efficacia e, nella ricerca della soluzione miracolistica capace di liberarli dall'incubo varroa, rifuggendo  spesso, con la scusa di ridurre i costi di gestione, dai prodotti regolarmente registrati ed autorizzati, salvo poi, in preda alla disperazione, passare in sequenza dall'uno all'atro senza rispetto dei tempi e dei dosaggi.
Questa autentica follia è stata la principale causa dei danni da varroa che sono oggi sotto gli occhi di tutti.
Il bello di tutta questa storia è che tutte le invenzioni che hanno mostrato di essere efficaci hanno anche avuto un avallo pseudo scientifico che ne ha, in qualche misura, incentivato l'uso; qualcuno si ricorda di :
- amitraze somministrato con microdiffusore
- strisce di pioppo con fluvalinate 
- miscela timolo mentolo 
- acidi organici; lattico, formico e poi ossalico
Per non parlare poi dei metodi di somministrazione, una vera enciclopedia.
Prendiamo ad esempio l'ultimo caso in ordine di tempo l'acido ossalico sublimato. Adottando questo metodo, tutti sono convinti di stare adoperando contro la varroa il principio attivo acido ossalico mentre invece non è vero. La sublimazione è il passaggio diretto dallo stato solido a quello gassoso senza passare dallo stato liquido. Ebbene l'acido ossalico non sublima affatto, alla temperatura di 189,5°C si decompone producendo anidride carbonica ed acido formico ed è proprio l'acido formico che agisce contro la varroa; la gran fumata che si vede è dovuta  all'acqua contenuta nei cristalli di acido che, evaporando improvvisamente, provoca come un'esplosione e condensa subito per effetto dell'espansione e per il contatto con l'aria a temperatura notevolmente più bassa.
Qualcuno ricorda di avere mai letto, o di essere venuto a conoscenza, di indagini scientifiche che indagano sui meccanismi biologici di azione di tanti antivarroa, diffusi e consigliati, quali gli acidi organici e le sostanze aromatiche? E non conoscendo i meccanismi di azione, su che basi si consigliano dosaggi e metodi di somministrazione? Ad occhio? Allora è giustificabile, anche se non condivisibile, se gli apicoltori si sono fatti le loro ricette personali, l'aspetto più grave però non è il proliferare di ricette ma il diffondersi della mentalità fai da te che, senza ombra di dubbio, è una delle cause di sopravvivenza ad oltranza della varroa.
V. Stampa

5 commenti:

  1. Per l'ennesima volta, Si !
    Dallla primavera del 2004 tutti i miei alveari, alcune centinaia, sono a Spaziomussi©, non hanno biosogno di trattamenti e producono regolarmente.

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  2. Salve a tutti.

    Ho ben 2 alveari (ho appena cominciato).
    Ho seguito un corso di apicoltura in cui ci hanno mostrato come indispensabile l' acido ossalico (1 ora di lezione) e bannato come inutile lo spazio Mussi (in 5 minuti). Ovviamente, ho subito piazzato dei distanziatori Mussi nel nido. :)

    Considerando che la simpatica varroa non va a finire nel melario...è necessario sostituire anche qui i distanziatori o posso lasciare quelli standard? Grazie !

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  3. Nel melario lascia pure quelli standard, basta il nido a ripulire l'alveare.
    Naturalmente in un primo momento l'alveare sembra rallentare, ci vogliono più api nel nido per riempire lo spazio interfavo ma, poi riparte alla grande, aspettati circa una settimana di ritardo. Questo avviene soltanto in seguito al travaso poi tutto torna normale.

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  4. Grazie per le preziose indicazioni.

    Lascio che le api facciano come meglio credono: ne sanno sicuramente più di noi.

    A presto !

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