Quando ero studente universitario prossimo alla laurea, oltre quaranta anni or sono, c’era, tra i colleghi, un dibattito rispetto al tipo di tesi di laurea da imbastire; il confronto era essenzialmente tra tesi compilativa, considerata di scarso valore, e tesi sperimentale che veniva considerata più confacente alla conclusione di un corso di studi scientifico.
Nonostante le difficoltà oggettive di varia natura, per lo più abbiamo scelto la tesi sperimentale anche se comportava qualche ulteriore sacrificio.
Non è che imbastire una tesi compilativa fosse semplice, c’era da consultare pubblicazioni e testi spesso localizzati in edifici e istituti diversi, insomma un lavoro da topo di biblioteca.
Oggi, che le informazioni viaggiano in rete con una sovrabbondanza e velocità alle volte sconvolgenti, un lavoro di tipo compilativo è una bazzecola, per chi ha voglia e interesse a condurlo in porto.
Prendo spunto da un articolo di cui sono venuto a conoscenza di recente dal titolo "API CHE CONTINUANO A SORPRENDERCI”
(http://rivarossa.blogspot.it/2014/05/api-che-continuano-sorprenderci.html?spref=fb), cito:
“È noto da tempo come il comportamento di un'ape operaia dipenda dalla sua età. Nei primi giorni di vita l'insetto sarà una nutrice, prendendosi cura delle larve, attendendo ai bisogni della regina e secernendo la cera per sigillare le celle che contengono le pupe. Dopo circa una settimana l'ape passerà ad altri compiti, come crescere i fuchi, ventilare l'alveare o mettere da parte il polline, divenendo infine una foraggiatrice, che si occupa di raccogliere il polline, solo verso la fine della sua esistenza. Non era però mai stato scoperto quale fosse il meccanismo che guida questi cambiamenti di comportamento.
Studiando il cervello di questi insetti, i ricercatori dell'università di Washington sono riusciti a trovare un collegamento tra la divisione del lavoro nella colonia e la presenza di particolari frammenti di codice genetico. I risultati hanno dimostrato un forte collegamento tra i livelli di espressione e i compiti svolti dalle api. “
Il lavoro originale, da cui prende ispirazione l’articolo citato, è:
Gene Expression Profiles in the Brain Predict Behavior in Individual Honey Bees
Charles W. Whitfield, et al.; Science 302, 296 (2003); DOI: 10.1126/science.1086807
L’Abstract del lavoro recita:
“ Abbiamo dimostrato che la transizione legata all'età delle api adulte, da api di casa a bottinatrici, è associata alla modifica dell’abbondanza dell’RNA messaggero nel cervello per il 39% dei 5500 geni testati. Questo risultato, scoperto utilizzando un progetto sperimentale altamente replicato che coinvolge 72 microarrays (1) , dimostra una più ampia plasticità genomica nel cervello degli adulti di quanto sia stato ancora dimostrato. Manipolazioni sperimentali che disaccoppiano il comportamento e l'età hanno rivelato che i cambiamenti di RNA messaggero sono stati associati principalmente al comportamento
I singoli profili di RNA messaggero cerebrale hanno correttamente previsto il comportamento di 57 su 60 api, indicando una solida associazione tra l'espressione genica del cervello dell'individuo e la naturale plasticità comportamentale.”
Leggendo tutto il lavoro pubblicato si vede come le attitudini delle api, da sempre connesse dai ricercatori e dagli apicoltori all’età, siano in effetti determinate dalla variazione di concentrazione di geni che, a sua volta, muta con l’età delle stesse api.
Ancora una volta, la ricerca conferma che il comportamento delle api e le loro abilità hanno una forte connessione con il patrimonio genetico ereditato dai progenitori.
Già nel 1995 viene pubblicato un lavoro, basato su osservazioni dirette del comportamento delle api rispetto alla varroa (3), in cui Darrell Moore e altri seguono il comportamento di api marcate rispetto alla varroa arrivando alla conclusione che il social grooming si realizza in tre modi:
- su richiesta dell’ape parassitata,
- su azione spontanea di un’ape verso una compagna parassitata,
- spontaneamente da parte di un’ape specializzata, verso qualsiasi altra ape parassitata.
E’ curioso constatare come il lavoro di Charles W. Whitfield, et al., che risale al 2003, sia collegabile con
- Apidologie (1997) 28, 427-437
Damaged Varroa mites in the debris of honey bee (Apis mellifera L) colonies with and without hatching brood.
- Apidologie 30 (1999) 249-256
Recording the proportion of damaged Varroa jacobsoni Oud. in the debris of honey bee colonies (Apis mellifera)
Lavori che dimostrano l’azione aggressiva-difensiva delle api verso la varroa.
Recentemente (ottobre 2012) è apparso su PLOS ONE un interessante lavoro realizzato da un gruppo di ricercatori di diverse università della Grecia (2) i quali hanno indagato sull’effetto anestetico del morso delle api.
Riferiscono, come cosa nota, che le api per difendersi da aggressori e/o parassiti di piccole dimensioni, ad esempio tarma della cera e varroa, sui quali non è possibile intervenire con il pungiglione, li attaccano a morsi e così facendo emettono una sostanza anestetica che addormenta per un certo tempo il parassita. L’interesse di questi ricercatori sta nella possibilità di utilizzare questo anestetico nella medicina umana.
Tirando le somme possiamo affermare di essere sicuri del fatto che le api:
a) si spulciano a vicenda (social grooming)
b) si possono specializzare in questa azione
c) le loro attitudini sono governate dalla quantità di geni specifici
d) sono capaci di anestetizzare con un morso i propri parassiti
Mi sembra che abbiamo un’ampia base di ricerca scientifica tale da giustificare l’avvio di uno studio di approfondimento sul come e perché le api ospitate in arnie a Spazio Mussi, contrariamente alle stesse ospitate in arnie a spazio Dadant, sono in grado di controllare la popolazione del parassita varroa, dato sperimentale oggettivo verificato da oltre dieci anni di applicazione dello Spazio Mussi in apiari diversi, collocati in diversi ambienti geografici, dalla Sicilia alla Germania del Nord, da tanti apicoltori.
La domanda è legittima, - allora cosa manca? -
Sicuramente manca un serio progetto di verifica e, non potendo dubitare dell’intelligenza degli addetti ai lavori, le uniche due risposte plausibili sono:
- Manca l’interesse
- Manca la volontà.
Intanto gli apicoltori che hanno adottato lo Spazio Mussi continuano a svolgere la loro attività, sollevati dal problema varroa, senza spese aggiuntive di manodopera e di acaricidi, con grande beneficio alle api, non più soggette ad aggressioni chimiche e con un indubbio miglioramento della qualità dei prodotti dell’alveare.
In conclusione non ci rimane che citare un detto siciliano: ”Chi non capisce, non soffre.” con buona pace di Galileo Galilei (http://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_scientifico).
(1) una griglia di segmenti di DNA di sequenza nota che viene utilizzato per verificare e mappare frammenti di DNA, anticorpi, o proteine.
(2) http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0047432
(3) A highly specialized social grooming honey bee (Hymenoptera: Apidae).
Darrell Moore e altri; Journal of Insect Behavior, Vol 8(6), Nov 1995, 855-861. doi: 10.1007/BF02009512
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