mercoledì 17 novembre 2010

Apicoltura BIO : Conduzione biologica degli alveari, metodi di controllo del parassita Varroa.

Le tecniche messe in campo per la realizzazione delle produzioni biologiche, presuppongono la conoscenza della biologia, fisiologia e etologia di tutti gli organismi coinvolti nel processo produttivo, queste conoscenze ci suggeriscono i metodi e gli strumenti per mantenere in buona salute gli organismi oggetto dell’allevamento, animali o vegetali che siano, nel rispetto della salubrità dei prodotti e mantenendo un livello produttivo economicamente valido.



In questo momento di grave difficoltà per gli apicoltori che lamentano fortissime morie di api attribuite principalmente alla difficoltà di controllo di parassiti quali la varroa ed il nosema, mentre tutti sono alla ricerca della “polverina magica” che fa sparire i parassiti, non si capisce perché non si debba parlare di quello che già abbiamo sperimentato e che funziona cioè, dei metodi di controllo bio-meccanico e biologico in senso stretto, della varroa. 
Da oltre venti anni si conosce un metodo molto efficiente di contrasto della varroa, questo metodo si basa sulla preferenza che ha la varroa per la covata maschile. L’inventore di questo metodo è l’apicoltore Michele Campero che lo ha reso noto al mondo apistico con la pubblicazione, nel 1990, di un manualetto  dal titolo “ Lotta biomeccanica alla Varroa “.
In sintesi si può dire che il metodo consiste nel creare all’interno dell’alveare una zona in cui le api possono costruire dei favi adatti alla covata maschile che, asportata periodicamente, permette l’eliminazione fisica della varroa in essa contenuta.
Il metodo ha dei limiti fisici legati al ciclo produttivo dell’alveare e da solo non è sufficiente al suo completo risanamento però, mantiene molto basso il livello di infestazione e con un intervento autunnale con acido ossalico si ha non l’eradicazione ma, il mantenimento del parassita a livelli molto bassi.
Nel mese di settembre del 2003, in occasione del congresso mondiale di apicoltura tenutosi a Lubiana, alla presenza delle massime autorità della ricerca, l’apicoltore Francesco Mussi, con il sostegno della FAI-Federazione apicoltori italiani, ha reso nota la sua scoperta del metodo di controllo assoluto del parassita varroa che va sotto il nome di Spazio Mussi©. 
Il metodo sfrutta la naturale attitudine delle api di liberarsi del parassita.
Le api sono capaci di applicare questa loro innata capacità soltanto in condizioni particolari che non sono in contrasto con l’attività dell’apicoltore e non influenzano minimamente il livello produttivo degli alveari.
L’apicoltore F. Mussi ha scoperto che, aumentando la distanza tra i favi e più precisamente passando dai trentotto virgola cinque millimetri a quarantacinque millimetri, distanze che si intendono tra gli assi centrali dei favi stessi,  le api sono in grado di liberarsi autonomamente dal parassita varroa. 
Il parassita non viene eliminato totalmente ma, il livello di infestazione si mantiene talmente basso  da non disturbare minimamente la vita, le attività e la produttività delle api.
Quando nella primavera del 2004 misi per la prima volta alla prova lo Spazio Mussi©, non disponendo ancora dei distanziatori regolamentari, molto semplicemente mi sono adeguato alle istruzioni ricevute oralmente da Francesco Mussi nel settembre dell’anno prima a Lubiana suddividendo in modo opportuno lo spazio all’interno dell’alveare.
I risultati sono stati conformi alle aspettative  e, l’anno successivo, trasformai a Spazio Mussi© tutti e quattrocento alveari del mio allevamento.
Da allora, per tutti gli apicoltori che si sono convertiti allo Spazio Mussi©, la varroa e soltanto un cattivo ricordo.
Per l’apicoltore che intende dedicarsi alle produzioni biologiche l’adozione dello Spazio Mussi© significa produrre in tutta sicurezza al riparo di ogni inquinamento chimico ed in più con notevole risparmio di lavoro e di denaro. 
La capacità delle api di piegare lo spazio alle proprie esigenze è notevole, tutti abbiamo visto sciami installati nei più strani contenitori e prosperarvi senza problemi, dalla botticella abbandonata al tubo da stufa, dall’intercapedine di un muro al vecchio comodino, dal vano del contatore dell’energia elettrica al mucchio di legna, ecc. ecc. dove in passato, in assenza della varroa, sarebbero vissute alla grande.
Vi figurate un alveare che si trova in difficoltà per lo Spazio Mussi©?
La verità è un’altra; è l’apicoltore che ha difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione, creata all’interno dell’arnia, determinata dall’adozione dello Spazio Mussi©.
E’ lecita una domanda: < è meglio lavorare di più, spendere per i trattamenti, maltrattare le api, inquinare l’ambiente alveare, rischiare di avvelenarsi? Oppure è meglio mettere in atto piccoli accorgimenti da apicoltore per adattare la conduzione degli alveari alla nuova situazione determinata dallo Spazio Mussi©? > 
Gli organismi di controllo delle produzioni biologiche dovrebbero prendere coscienza di queste realtà applicate e sperimentate per lunghi anni, dagli apicoltori più attenti, per inserirle tra le metodologie consigliate nella condizione degli alveari, con un atteggiamento analogo a quello adottato per gli acidi organici; con la differenza che i metodi descritti, Campero e Spazio Mussi©, sono sicuramente funzionanti, non inquinati per l’ambiente alveare e le relative produzioni. 
Vincenzo Stampa 

1 commento:

  1. tali consigli dovrebbero essere anche indirizzati verso il sito FAI che non fa altro che parlare di antibiotici che vengono legalizzati o meno ....No agli agenti chimici..Si alla lotta BIO-MECCANICA..

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