A noi anziani, quando ci riferiamo ad avvenimenti del passato, alle volte ci capita che facciamo confusione con le date; per evitare questo antipatico inconveniente ho preso l’abitudine di riferirmi a due o più eventi dello stesso periodo, così che l’uno possa fare da “alibi” per l’altro.
Nel periodo che va dal ’90 al ’94 del secolo scorso, questo intercalare “del secolo scorso” mi piace ho l’impressione che dia una certa importanza al discorso, ho collaborato con l’Università di Brema ad una ricerca sull’ape sicula, ora siciliana, il loro obiettivo era lo studio del comportamento riproduttivo dell’ape sicula.
Per quattro anni di seguito sono venuti a Trapani quando gli alveari si preparavano a sciamare cioè nella prima metà di febbraio (dato documentato).
Nello stesso periodo e fino al 2000 gli alveari costruivano i fogli cerei già da novembre; è stato un periodo importante di grande lavoro per la fornitura degli sciami orfani per l’impollinazione. Avevamo assegnato agli apiari un turn-over di circa otto giorni per il prelievo di due favi, sostituiti con telaini a foglio cereo che regolarmente trovavamo costruiti e deposti alla successiva visita, i prelievi continuavano con regolarità fino alla prima settimana di marzo, da quella data venivano sospesi i prelievi di favi e api, per dare agli alveari il tempo di ripopolarsi in vista della fioritura dell’arancio o della sulla (fioriture coincidenti), per fare il primo raccolto di miele.
Tanti allora si sono buttati in questo settore, facendo stupidamente la concorrenza con il prezzo invece che con la qualità, rovinando il mercato, per cui abbiamo deciso di smettere per dedicarci alla produzione di miele.
A partire dal 2003 si avvertono le prime avvisaglie di calo della produzione a causa di comportamenti anomali del clima, dapprima occasionali ma, di anno in anno, sempre più marcati.
Alcune anomalie.
L’autunno, caratterizzato da piogge frequenti e temperature miti che danno il via a fioriture precoci, utili agli alveari per la costituzione della popolazione e delle scorte invernali, è praticamente sparito; al suo posto abbiamo un prolungamento dell’estate con temperature più miti e senza piogge, fino a tutto dicembre stiamo in maniche di camicia.
Il risultato è che tutte quelle piante, pascolo per le api, che fioriscono in autunno o germinano per fiorire ai primi tepori primaverili, semplicemente mancano.
Tutte le stagioni climatiche si sono spostate in avanti, rispetto alle stagioni astronomiche e questo ha indotto un comportamento anomalo nelle piante, ad esempio son già due anni che gli albicocchi non fioriscono, la sulla e gli agrumi non danno nettare a sufficienza, le piante di cardo non sono nate, ecc., ecc.
Il riflesso sugli alveari è consequenziale ed immediato volete degli esempi?
Negli alveari non ci sono scorte sufficienti per l'inverno, la costruzione dei favi a partire dai fogli cerei si è trasformato da attività regolare ad un fatto occasionale, è venuto a mancare lo stimolo alla sostituzione spontanea delle regine inefficienti e perfino quello alla sciamatura.
Alla data odierna 24 maggio 2015 la situazione è questa: famiglie popolose con pochissime scorte e zero produzione.
Siamo arrivati alla mera sopravvivenza degli alveari, da ora in avanti, con l’avanzare dell’estate, le occasioni di raccolto saranno sempre più ridotte e già cominciamo a preoccuparci per l’inverno che verrà.
Sicuramente faremo l’impossibile per non perdere gli alveari che sono il solo patrimonio aziendale produttivo ma, senza prodotto vendibile, quante aziende saranno in grado di affrontare i costi di una nuova stagione apistica?
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