domenica 26 maggio 2013

Creazione e gestione di una “banca” delle regine feconde.


Relazione presentata il 25 maggio nella sala convegni della FAI-Federazione Apicoltori Italiani


Parlando della banca delle regine, se vi aspettate delle grandi rivelazioni, probabilmente rimarrete un po’ delusi.  Non ci sono segreti da svelare, l’arte è sotto gli occhi e alla portata di tutti, mi piace ricordare un detto del poeta napoletano Salvatore Di Giacomo (foto 1)

“la vita è fatta di tante cose fesse”  ed anche l’apicoltura, a mio parere, è fatta di tante “cose fesse” dove fesse non significa stupide ma significa semplici.
Il problema che si presenta all’apicoltore, quotidianamente durante l’esercizio dell’attività, quando si trova a tu per tu con l’alveare è - cosa vuol fare questo alveare e cosa ne voglio fare io?– (foto2)



Questo è un interrogativo che l’apicoltore non può portare a casa ma lo deve risolvere all’istante, 


avendo chiaro l’obiettivo da raggiungere e attingendo alla sua cultura apistica e al patrimonio di esperienze personali (foto3-4).


Allora tutte le cose semplici, manovre apparentemente perfino banali, assumono un preciso significato biologico per le api e tecnico-produttivo per l’apicoltore.
Come si dice dalle mie parti, il discorso deve avere un piede e, nel caso specifico, la necessità di una banca delle regine nasce negli anni dal 1990 al 1994, quando ricercatori dell’università di Brema vennero a Trapani per indagare sulle modalità riproduttive dell’ape sicula, mi ritrovai per diversi anni consecutivi, nel mese di febbraio, con una sovrabbondanza di regine in nuclei di fecondazione  da accudire  e con sempre meno tempo per farlo.
Fui indotto a intraprendere questo percorso anche dalla constatazione che regine feconde convivevano per qualche tempo nello stesso alveare e che perfino regine vergini venivano accettate da alveari con regina feconda, anziana, convivendo per qualche tempo con esiti  diversi.
La comodità di avere sempre, in apiario, delle regine feconde prontamente disponibili è un vantaggio non da poco.
Il metodo comunemente adottato, per avere la disponibilità delle regine, prevede il mantenimento di un certo numero di arniette da fecondazione dove le regine permarranno in attesa del loro utilizzo (foto5).


La gestione e il mantenimento dei nuclei di fecondazione, al di là della loro specifica funzione, è un impegno e un  costo aziendale non indifferente.
La produzione di regine, sia per uso aziendale, sia per il commercio, segue dei ritmi che, per vari motivi compresi quelli climatici, di solito non sono in sintonia con l’apiario a cui le regine saranno destinate (foto6).


Occorre perciò un polmone che ammortizzi le asincronie produttive, senza pregiudizio per le attività globali dell’apicoltore: questo polmone è rappresentato dalla banca di regine feconde, una soluzione semplice, economica e di ridotto impegno lavorativo.
Occorre precisare che quanto sarà rappresentato non potrà essere applicato “sic et simpliciter” in ogni regione italiana ed in ogni stagione perché i fattori climatico e ambientale giocano un ruolo fondamentale nella gestione della banca.
L’apicoltore saprà adattare il metodo secondo le sue necessità.

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Principi da rispettare.

1)   La climatizzazione
Le api sono in grado di controllare il clima dell’alveare a condizione che possano occupare fisicamente tutto lo spazio a disposizione, invertendo i termini del problema possiamo dire che non dobbiamo affidare al controllo delle api uno spazio superiore a quello che le stesse possono occupare, ad esempio l’uso del diaframma mobile può essere utile allo scopo.
I flussi di aria e di calore incontrollabili, all’interno dell’arnia, sono tra i peggiori nemici dell’alveare.
2)   La popolazione
La popolosità della banca deve essere tale che, anche a seguito di un momentaneo abbassamento della temperatura, per esempio come avviene di notte, le api possano coprire tutte le gabbiette con regine presenti (foto 7).


Inoltre occorre la presenza costante di api della giusta età per la produzione della pappa reale.
Il mantenimento del giusto livello di popolosità è affidato esclusivamente all’apicoltore che ha il compito di introdurre periodicamente favi di covata nascente (foto8).



3)    L’alimentazione
La produzione di papa reale non dipende soltanto dalla quantità di alimento disponibile nell’alveare, scorte di miele e polline, e dalla presenza di api giovani ma è legata all’importazione; il flusso continuo di alimento, anche in modeste quantità, induce le api ad alimentare la regina per stimolarne l’ovodeposizione.
In mancanza di importazione naturale, si può supplire con il candito proteico, somministrato attraverso l’apposito foro del coprifavo (foto9);


 si avrà cura di produrre un candito molto compatto così da rallentarne l’assorbimento, nella foto un candito con l’aggiunta di polline  in granuli.

4)    Effetti secondari dell’alimentazione
L’importazione, vera o simulata, stimola anche le api ceraiole per cui può verificarsi la costruzione di favetti suppletivi tra le gabbiette contenenti le regine fino all’occlusione parziale o totale delle stesse; può essere utile introdurre un foglio cereo nella posizione tra il favo più esterno e il diaframma mobile.
Per lo stesso motivo è sconsigliabile l’alimentazione con sciroppo.
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Come si realizza una banca per regine feconde.
• Creare uno sciame orfano.
• Distruggere tutte le celle reali spontanee.
• Aspettare, prima dell’utilizzo, che contenga soltanto covata opercolata.
Molto spesso si approfitta di una orfanizzazione accidentale.
La banca funziona bene anche se si parte da uno sciame orfano, già da qualche tempo, con la presenza di api non ancora fucaiole, anche se ci sono accenni di costruzione di celle reali non ancora deposte, formate su celle femminili contenenti polline, sono tipiche delle famiglie orfane e in procinto di diventare fucaiole.
In questi alveari regna già  una certa confusione, l’arrivo massiccio dell’ormone reale rimette le cose a posto.
Banca Regine: la composizione ideale per 40 gabbiette
• Un favo di provviste.
• Un favo di covata opercolata.
• Un telaino per le gabbiette.
• Un favo di covata opercolata.
• Un favo di provviste.
Per la conservazione di 20 gabbiette è sufficiente un solo favo di covata  come si vede nella foto (foto10-10/1).




Per avere un’idea di quante api introduciamo con la covata opercolata (foto11-11/1),


vale la regola empirica del rapporto di superficie occupata di 3 a 1 delle api adulte rispetto alla covata opercolata.
Vale a dire che le api che nascono da un favo occupano fisicamente una superficie tre volte superiore a quella che occupavano come covata.
Da tenere presente che il telaino porta gabbiette ha in effetti tre superfici di favo, le due esterne più quella interna tra le gabbiette (foto12).


Tutto questo interfacciato con il ciclo vitale delle api, con l’esigenza di avere delle api nella giusta età per la produzione della pappa reale costituisce la guida per l’inserimento periodico di covata nascente.
I favi di scorta con polline hanno anche la funzione di contribuire alla regolazione termica della banca, fungono da volano termico, di giorno possono assorbire l’eccesso di calore per cederlo durante la notte (foto 12/1)

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Le gabbiette di una doppia fila vengono appese affiancate e affacciate tra loro dal lato con maggior numero di fori (foto13/14).





In un telaio Dadant-Blatt, leggermente modificato si potranno inserire fino a 40 gabbiette fino ad un’altezza complessiva di 24 cm. (foto15)


Per un numero di gabbiette, fino a 20, si potrà utilizzare il telaino porta-stecche per l’allevamento delle regine. (foto16)


Le gabbiette vengono agganciate per l’occhiello nelle spille impiantate per metà
L’apicoltore avrà cura di disporre le gabbiette su file da dieci, a due a due, affacciate e collocate su due livelli come mostrato nello schema (figura17).


Una cosa importante da sottolineare è la posizione delle gabbiette rispetto ai favi, che dovrà essere la più vicina possibile alla zona centrale.
Dentro le gabbiette complete di candito molto duro (secco) non vi dovranno essere api accompagnatrici.
Perché il candito?
In questo caso il candito non ha funzione di alimentazione ma serve unicamente per restringere lo spazio a disposizione nella gabbietta e impedire alle regine di allontanarsi alla zona di alimentazione che coincide con la superficie forata della gabbietta rivolta verso l‘interno.
In assenza di candito, le regine che tentano di uscire dal fondo della gabbietta, si allontanano alla zona centrale, vengono trascurate dalle api nutrici e finiscono con il soccombere.
Anche il candito può essere causa di perdita delle regine se è morbido le regine vi possono rimanere incollate.
Introduzione delle regine
Inizialmente, le gabbiette dovranno essere introdotte tutte contemporaneamente, a prescindere dal loro numero. Si possono realizzare successive reintroduzioni, a reintegro del numero di regine, alternando le nuove ospiti con quelle già presenti nella banca.
All’interno della banca si creerà una forte competizione, tra le regine presenti, per assicurarsi l’alimentazione. E’ in questa fase che prevarranno le regine più efficienti nella produzione di ormone reale, mentre le altre verranno trascurate in diversa misura ed avranno una minore probabilità di sopravvivere a lungo.
Per limitare al massimo le perdite, sarà indispensabile che le regine introdotte abbiano tutte, all’incirca, la stessa età fisiologica. Se per motivi contingenti ciò non dovesse essere possibile, si alterneranno le vecchie regine con le giovani. Ciò confonderà un po’ le api e se le regine più anziane non dovranno permanere per molto tempo, avranno buone probabilità di sopravvivenza.
Come si è visto le gabbiette piatte, in plastica, sono le più adatte allo scopo e andranno disposte in modo che il lato con il maggior numero di fori si trovi dalla parte interna del telaio, affacciato a quello della gabbietta corrispondente(foto18).


Nello spazio intermedio le api formeranno un grappolo cuoriforme, simile a quello per la costruzione di un favo naturale (vedi figura17); se le api non saranno più che abbondanti le gabbiette più vicine alle pareti, in particolare quelle della fila inferiore, rischieranno di essere abbandonate durante la notte o per un improvviso ritorno di freddo.
Un accorgimento per limitare gli effetti del freddo consiste nel chiudere la porticina d’ingresso in basso e di praticare un’apertura di volo in alto (foto19);


il fondo di rete è più che sufficiente a smaltire l’umidità, l’anidride carbonica e le rosicchiature.
Per mantenere efficiente la banca per alcuni mesi occorrerà introdurre un favo di covata completamente opercolata, orientativamente ogni quindici giorni.
E’ molto importante, infine, che lo sciame della banca non abbia la possibilità di iniziare un allevamento di celle reali, visto che in questa malaugurata ipotesi un certo numero di regine verranno abbandonate.
Quante regine si possono conservare in una banca? Per quanto tempo?
La mia esperienza si ferma a quaranta regine per un tempo massimo di tre mesi.
Non ho avuto necessità di andare oltre.

2 commenti:

  1. Incredibile...non ci avevo mai pensato... fino ad ora ho lasciato allevare le regine agli stessi nuclei orfani da me creati, con tutti i rischi del caso..ma in questo modo ogni apicoltore potrebbe avere la possibilità di gestire una "scorta" personale commisurata alle proprie esigenze con molti meno rischi... magnifica x la sua semplicità. complimenti!

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  2. cosa succede se nella banca lasciamo una regina libera di deporre??

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